19 Marzo 2024 10:51
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Il dopo Mattarella, l’Europa e l’Italia che verrà

Il dopo Mattarella, l’Europa e l’Italia che verrà

In contemporanea al messaggio di Mattarella alle massime cariche dello Stato – che ribadisce il clima di concordia e responsabilità che ha portato l’Italia ad essere la nazione a maggior ripresa economica a livello mondiale e la meno esposta ai rischi della pandemia – dalla stampa specializzata (e da Repubblica) è emerso un coro di critiche alla politica economica del governo di unità nazionale che richiede un confronto serio sulle capacità dell’Italia di uscire dalle crisi di credibilità che l’accompagna da diversi anni. Per Carlo Bastasin, editorialista del Sole 24 ore, il generoso piano di finanziamento del Pnrr non sembra aver migliorato la struttura competitiva del Paese, anzi la scomparsa dei vincoli di bilancio ha fatto riemergere tutti i difetti  di comportamento della prima e della seconda repubblica. Per Bastasin un rimprovero feroce va fatto agli economisti per l’assenza di una visione critica capace di riesaminare la storia della politica economica dal dopoguerra ad oggi. La mancanza di una Pubblica amministrazione efficiente (messaggio opposto a quello di Mattarella) diventa ancora un’occasione per l’assunzione di migliaia di  giovani inesperti, ad esempio, come già avvenuto nella storia non solo recente. Anche dalle imprese e dai sindacati il coro di richieste di sussidi non ha aiutato il dibattito, pur necessario, sul famoso debito buono. Trovare un metodo comparativo per un giudizio sul percorso in campo sarebbe la soluzione semplice per dare voce ad una prossima revisione del Pnrr, basterebbe guardare all’errore di avere individuato risorse per la scuola, soprattutto per l’edilizia scolastica, e non per il recupero delle disuguaglianze di apprendimento. Così le strutture didattiche per  la formazione di capabilities, non sono adeguate a risanare il ritardo tecnologico del Paese e l’edilizia scolastica rischia di essere obsoleta. Riemergono da più parti le paure di un immobilismo o di una persistenza di temi non risolti.

La candidatura di Silvio Berlusconi, vera o presunta, riaccende il dibattito sulla fabbrica dell’obbedienza, cioè sul male oscuro  degli italiani che Ermanno Rea ha analizzato  con il suo saggio, sull’argomento, pubblicato per Feltrinelli poco prima della sua scomparsa.

Il male oscuro dell’Italia fu anche definito da Aldo Moro e dal presidente della Repubblica Federale Tedesca Gustav Heinemann come democrazia difficile, cioè una democrazia dove il peso dei conservatori, anche di sinistra, tende a radicalizzare lo scontro sul cambiamento. La visita di  Olaf Scholz  e l’incontro con Draghi potrebbero orientare il nostro presidente del Consiglio a restare alla guida del governo per alimentare la speranza che la classe dirigente del mondo della politica italiana  scelga un persona adeguata al grande compito di sanare la democrazia difficile che emerge dalla recente storia parlamentare.

Sì, perché la soluzione ai temi dell’Italia non è da ritrovare nei manuali di economia politica esistenti,  come è evidente dalla storia recente  e non recente della Germania;  la politica economica è un intreccio incerto di storia e geografia politica dove l’economia è parte necessaria ma non sufficiente a far entrare i territori nella storia dello sviluppo sostenibile e bastevole. L’economia dei continenti è ancora una problematica ideologica e, ad oggi, non sono emerse analisi accurate su come le grandi organizzazioni internazionali possano indirizzare le forze del capitalismo finanziario in piena evoluzione drammatica, cioè a probabile anarchia indisciplinata.

Che fare? Non mi sentirei di contraddire il messaggio di speranza di Mattarella, che è stato poggiato su esempi positivi di come alcune istituzioni profit e non profit hanno  interpretato il tempo della pandemia.

Non solo i successi sportivi, poggiati su una massa critica bastevole di nuovi italiani arrivati da generazioni di immigrati, ma anche altri esempi  incoraggiano ad ascoltare le tesi del Premio Nobel Parisi.

Dai tanti altri esempi di concordia ritrovata tra istituzioni e territorio arriva l’incoraggiamento al tentativo di trovare quel di più, oltre il trenta per cento di popolazione, che, come nel caso degli stormi di storni di Parisi, potrebbe indirizzare il Paese verso una nuova concordia adatta  a far uscire l’Italia dal novero delle democrazie difficili.

Il processo avvenuto in Germania più di quello in campo per la Francia è da imitare?

Vediamo che cosa  succede, mobilitiamoci, ed auguriamoci di poterne parlare a cuore aperto in febbraio, con un presidente, o una presidente donna, in grado di scegliere la vela giusta per trovare il vento capace di farci uscire dallo stallo della democrazia bloccata, un percorso dove  lo Stato rimane autorevole sia se cede sovranità all’Europa che se cede sovranità alle Regioni ed ai Comuni. La democrazia aiuta e non impedisce l’efficacia della politica economica per macroregioni dell’Europa che verrà.

 Pasquale Persico

Alcuni cenni bibliografici 

Premio S: Vincent per l’Economia 1981, Consultant OCDE Parigi per scienze e tecnologia, Research Scholar  alla London School of Economomics, Ordinario di Economia politica. Per  più mandati ,  Direttore del Dipartimento di Scienze economiche,  Università di Salerno e presidente del Senato della ricerca. Ha insegnato in più Università tra cui Napoli, Roma, Bari e Cosenza. Studi di economia del lavoro, economia politica , politica economica ed economia applicata. Attualmente è Strategic Advisor CUGRI, centro di ricerca sul rischio di Unisa ed Unina, e Referee di agenzia del terremoto Emilia Romagna per bilancio sociale del decennale; direttore di più collane di ricerca e studi , tra cui La città e l’altra città in tandem con Maria Cristina Treu,  e per la Fondazione Morra la collana Credenze , dove ha pubblicato nel 2020 il libro Il sogno di una civiltà plurale, ed Fondazione Morra.

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